La causa più comune di infertilità femminile, la sindrome dell’ovaio policistico (Pcos), provocata da uno squilibrio ormonale che inizia a manifestarsi anche prima della nascita. Una scoperta importante, firmata da un team di scienziati guidato da Paolo Giacobini dell’Istituto nazionale francese di salute e ricerca medica, che ha portato alla messa a punto di una possibile nuova terapia, per ora nei topi. Ma entro la fine dell’anno dovrebbe iniziare una sperimentazione sulle donne, riporta il ‘New Scientist’. La sindrome dell’ovaio policistico colpisce fino a una donna su 5 in tutto il mondo, tre quarti delle quali hanno poi molte difficoltà a rimanere incinte. Il disturbo è in genere aratterizzato da elevati livelli di testosterone, cisti ovariche, cicli mestruali irregolari e problemi di regolazione dello zucchero nel sangue. Ma le cause sono rimaste a lungo un mistero per i medici. Ora gli esperti hanno messo in evidenza che la sindrome può essere scatenata prima della nascita, per un eccesso di esposizione in utero a un ormone chiamato anti-mülleriano (Amh): i ricercatori si sono accorti – riporta ‘Nature Medicine’ – che le donne che soffrono dello stesso problema, quando rimangono in gravidanza hanno il 30% in più di ormone anti-mülleriano rispetto al normale. Poiché la sindrome dell’ovaio polistico è nota per avere una caratteristica di familiarità, si sono chiesti se questo squilibrio ormonale in gravidanza potesse indurre la stessa condizione nelle loro figlie. (continua dopo la foto)Per testare questa idea, hanno iniettato un eccesso di ormone anti-Müllerian in topi gravidi. Crescendo, la progenie femminile mostrava molti dei segni distintivi della sindrome dell’ovaio policistico, tra cui la pubertà ritardata, l’ovulazione ‘a singhiozzo’, ritardi nella gravidanza e diminuzione della prole. Insomma, una quantità eccessiva di Amh sembra innescare questo effetto, sovrastimolando una serie di cellule cerebrali che aumentano il livello di testosterone. Il team è stato anche in grado di invertire la condizione nei topi utilizzando il cetrorelix, un farmaco utilizzato di routine nei cicli di fecondazione assistita per controllare il livello ormonale delle pazienti. Dopo il trattamento, i topi hanno smesso di mostrare i sintomi del disturbo. Ora si sta pianificando una sperimentazione
clinica con il cetrorelix nelle donne con questa condizione, che si spera di iniziare prima della fine del 2018. “Potrebbe rappresentare una strategia allettante per ripristinare l’ovulazione e aumentare il tasso di gravidanza in queste donne”, assicura Giacobini. (continua dopo le foto)
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I risultati possono anche spiegare perché le donne con sindrome dell’ovaio policistico sembrano rimanere più facilmente incinte tra i 30 e i 40 anni: è noto infatti che i livelli di ormone anti-mülleriano diminuiscono con l’età, segnalando di solito una ridotta fertilità. Ma una riduzione dell’Amh riporterebbe invece queste pazienti nel normale
range di fertilità. “Che questo specifico ormone avesse un’influenza sulla Pcos era noto da anni – commenta all’Adnkronos Salute il ginecologo Filippo Ubaldi, direttore clinico del Centro Genera di Roma e componente della Società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione (Sifes-Mr) – ma che ora si prospetti la possibilità di gestire e anche correggere la condizione nel topo è molto incoraggiante. Anche perché le pazienti con Pcos (la maggior parte di quel 30% di donne con problemi ormonali che si presentano nei nostri centri) sono difficili da trattare attraverso le tecniche di fecondazione assistita, dato che sono molto più a rischio di problemi di iperstimolazione”.
Caffeina news by AdnKronos